Etwas das nicht nichts ist














Morgenlied - Chanson du matin - Canzone del mattino
Stenograph von Frank Wolffram
Wer über Bilder schreibt, läuft Ihnen entweder hinterher ohne sie einzuholen oder er lässt sie weit hinter sich zurück. Umgekehrt geht auch ein Foto seiner Wege, am Motiv vorbei eilt es durch alles Bekannte hindurch, spiegelt, vergrößert und verkleinert was war und liegt als Gewesenes vor uns, das etwas sein will.
Wir, einer und noch ein anderer, vergleichen, erkennen oder nicht, wissen von alldem nichts oder wissen alles davon, wollen davon auch nichts sehen: jedes Foto markiert einen Punkt in der Zeit und den Räumen - die fliegen mit ihm davon, tragen es durch die Luft an die hinterste Grenze des Alls, ein Teil von vielen und ein einziges, oder beides.
Durchsichtig hinter dem Motiv gehen die Dinge umher, ordnen sich erneut zu vertrauten Mustern, die Kamera fängt es, wir und die anderen fangen's erneut, wollen davon nichts wissen und doch ist es ein Foto. Eins nach dem anderen bilden sie ihre eigenen Linien, vorgestellte, unvorstellbare - sind einander ähnlich, fast ähnlich, identisch. Jedes Bild für sich eine Bewegung um sich selbst, in sich verschlungen und dabei gerade und krumm: in sich fest verschlossen und zugleich in seiner Verdoppelung vollkommen geöffnet: unverständlich offen.
Das Verbot von Eigenschaften filtert die Erfahrung heraus; die liegt kraus und bunt zu unseren Füßen, bildet eigene Muster, Bilder. Die werden aufgehoben, bewahrt, gezeigt: als Zeichen oder Erinnerung an die Zeit oder den Augenblick, als die Dinge für einen Moment zu sprechen anhoben - schon immer sprachen und wir für einen Augenblick zu verstehen meinten; geräuschlos verbreiten sich danach die Dinge wieder auf ihren verständlichen Bahnen um uns.
Wer durch die Stadt geht, tritt zuerst in sie ein, kein Tor, keine Brücke, kein Fluss. Alles dreht sich um den Punkt, den der Fuß berührt, hierher-dorthin, alles gesehen, alles geschehen, mit einem Sprung durch alle Städte der Welt bis an den Rand des Alls - ein verständlicher Punkt, der sich nicht wiederholt und doch - bekannt, vertraut mit den Sprachen der Dinge treten wir scheinbar hinaus in die Stadt: Berlin.
Stenografo
Übersetzung: Tiziana Zanolli
Coloro che scrivono di immagini le rincorrono senza raggiungerle o se le lasciano alle spalle con distacco. Anche la foto da parte sua va per la propria strada. Va oltre il soggetto attraverso il conosciuto; rispecchia, ingrandisce e rimpicciolisce ciò che era, per presentarsi poi in forma di passato con la pretesa di essere.
Coloro che scrivono di immagini le rincorrono senza raggiungerle o se le lasciano alle spalle con distacco. Anche la foto da parte sua va per la propria strada. Va oltre il soggetto attraverso il conosciuto; rispecchia, ingrandisce e rimpicciolisce ciò che era, per presentarsi poi in forma di passato con la pretesa di essere.
Noi, uno e un altro ancora, confrontiamo, riconosciamo o non riconosciamo, non sappiamo nulla di tutto ciò oppure sappiamo tutto. Non vogliamo vedere niente. Ogni foto segna un punto nel tempo e negli spazi che volano portandosi via l'immagine attraverso l'aria fino alla più lontana frontiera dell'universo una parte di molte o un unico oppure entrambi.
Le cose si muovono trasparenti dietro il soggetto, si riordinano secondo schemi conosciuti, la macchina le cattura, noi e gli altri le catturiamo nuovamente. Non ne vogliamo sapere niente, eppure è una Foto. Una dopo l'altra compongono le loro sequenze, immaginate, inimmaginabili, sono simili l'una all'altra, quasi simili, identiche. Ogni singola immagine ruota intorno a se stessa, attorcigliata su se stessa, dritta e curva al tempo stesso. Chiusa come un bozzolo ma nel suo sdoppiamento completamente aperta, incomprensibilmente aperta.
L'inibizione di caratteristiche distilla l'esperienza, che adagiata ai nostri piedi, bizzarra e colorata, compone propri schemi e proprie immagini. Queste vengono conservate, protette e mostrate come segno, o come ricordo dell' epoca o dell' attimo in cui per un istante le cose tentano di parlare – da sempre parlano – e noi per un momento crediamo di capire. È un attimo, e le cose tornano a disperdersi furtive intorno a noi lungo i loro comprensibili percorsi.
Chi attraversa la città ci deve entrare, non c'è porta, né ponte, né fiume. Tutto gira intorno al punto che il piede tocca, di qua-di là, tutto è già stato visto, tutto è già accaduto. Un salto attraverso tutte le città del mondo fino ai margini dell'universo; un punto comprensibile che non si ripete eppure è familiare, noi avvezzi al linguaggio delle cose simuliamo di uscire in città: Berlino.